14/08/2025 23:33:00 |
Dogane
GENOVA: QUESTIONARIO MANIPOLATO, ORA L’AGENZIA PRESENTI LE SUE SCUSE ALLA FUNZIONARIA DANNEGGIATA.
Niente auguri per Ferragosto nel FINE GIORNATA del Segretario Generale; campeggia, invece, la vicenda di Genova che non può chiudersi nel silenzio. BARRA, nella lettera aperta al Direttore delle Dogane chiede che l’Amministrazione riconosca l’errore e presenti scuse formali alla funzionaria coinvolta. Pubblichiamo la news-letter.
Lettera aperta al Consigliere Roberto Alesse Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Piazza Mastai, n. 12 - 00153 Roma adm.direttore@pec.adm.gov.it
Illustre Consigliere, all’inizio della mia esperienza sindacale, ero un giovane funzionario presso l’Ufficio Imposte Dirette di Viterbo. In quegli anni, le Dogane rappresentavano per molti di noi un modello di riferimento: per il trattamento economico, per l’ambiente professionale, per il prestigio percepito. Non a caso, una delle rivendicazioni sindacali più sentite era proprio l’“equiparazione alle Dogane”.
Ricordo un episodio emblematico. Fui convocato dall’Intendente di Finanza per una questione delicata, che rischiava di degenerare e coinvolgere gli Ispettorati centrali. L’Intendente, figura di grande autorevolezza, mi rimproverò con fermezza quando, nel difendere un collega vittima di prevaricazioni interne, dissi: “Io sto difendendo i Colleghi”. La sua risposta fu immediata: “E no, dott. Barra, io prima di lei difendo i Colleghi”. Fu una lezione di etica istituzionale che mi ha accompagnato per tutta la vita professionale.
Ma quella storia non si concluse con una semplice ramanzina. L’Intendente, dopo avermi richiamato con fermezza, agì con altrettanta determinazione per tutelare i colleghi vittime di prevaricazioni. Intervenne l’Ispettorato di Roma, furono avviati procedimenti disciplinari, e l’Amministrazione dimostrò di saper distinguere tra chi aveva subito e chi aveva agito in modo scorretto.
Quel ricordo, oggi, assume un significato ancora più profondo. Perché nella vicenda di Genova, purtroppo, non si è verificata la stessa capacità di discernimento. L’Amministrazione, questa volta, non ha difeso i colleghi che meritavano tutela. E io, oggi, non posso dire di stare dalla stessa parte dell’Istituzione come allora. Non stiamo difendendo gli stessi colleghi.
Mi riferisco a quanto accaduto presso gli Uffici di Genova 2 dell’Agenzia da Lei diretta. In quella sede, è stato somministrato ai colleghi di una funzionaria un questionario ambientale, formalmente destinato a misurare il benessere lavorativo, ma che - come risulta dal verbale della Polizia Giudiziaria intervenuta a seguito di denuncia - è stato esplicitamente e strumentalmente modificato per raccogliere informazioni personali e comportamentali sulla dipendente, all’insaputa della stessa.
Il modello utilizzato, tutelato dal diritto d’autore e dunque immodificabile, è stato alterato in modo palese, coinvolgendo i colleghi della funzionaria in una dinamica che ha violato ogni principio di trasparenza e rispetto. La funzionaria, nostra dirigente sindacale, venne a conoscenza dell’accaduto solo grazie alla confidenza di un collega. Successivamente, esercitò il diritto di accesso agli atti e ricevette i questionari compilati, ma con le risposte e i nomi oscurati. DIRPUBBLICA è intervenuta con forza, anche in sede penale, senza tuttavia ottenere la piena trasparenza richiesta. Sia chiaro e a scanso di equivoci, la Procura della Repubblica ha archiviato il procedimento penale non ritenendo sussistenti ipotesi di reato. Tuttavia, resta il fatto che la condotta dell’Amministrazione può e deve essere valutata anche sotto profili di correttezza diversi da quelli penali e forse più significativi ed assorbenti, quali quelli della regolarità e del Buon Andamento dell’azione amministrativa.
Questa mia lettera rappresenta l’ultimo atto di una lunga serie di iniziative sindacali e istituzionali volte a fare luce su una vicenda che, per modalità e contenuti, non può essere considerata marginale.
Ho ritenuto doveroso rivolgerLe un formale atto di accesso, chiedendo copia degli atti interni adottati dall’Agenzia dopo la presa d’atto della vicenda, con particolare riferimento alle misure eventualmente adottate per evitare il ripetersi di simili episodi.
La risposta ricevuta da un dirigente dell’Amministrazione Centrale è stata la seguente: “rispetto a quanto richiesto al punto 1 dell’istanza, si informa che non risultano atti interni emessi da ADM dopo la presa d’atto della vicenda, posto che non sono emersi rilievi sull’operato dell’Ufficio interessato”. Questa dichiarazione, che attesta l’assenza di provvedimenti successivi, lascia perplessi. In situazioni di tale delicatezza, ci si aspetterebbe almeno una riflessione interna, una verifica procedurale, o l’adozione di misure preventive. Con il dovuto rispetto, è comunque difficile comprendere come una “presa d’atto” e la constatazione dell’assenza di rilievi non abbiano prodotto nemmeno un atto interno - una comunicazione, una relazione, un verbale - che documenti formalmente la valutazione compiuta. L’assenza di rilievi, in ogni caso, non può automaticamente tradursi in assenza di azione.
La Polizia Giudiziaria ha prodotto documentazione rilevante, dalla quale emerge che non si è ravvisato un caso di mobbing. Tuttavia, il punto centrale non era il mobbing, bensì la condotta amministrativa nel suo complesso. E sappiamo come si è conclusa la vicenda.
Non è la prima volta che episodi gravi all’interno dell’Agenzia delle Dogane si concludono senza conseguenze sostanziali. Basti ricordare, ad esempio, la vicenda del concorso per 69 posti da dirigente, conclusasi con la prescrizione. DIRPUBBLICA ha portato il caso innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. A tal proposito, segnalo il seguente approfondimento: https://www.dirpubblica.it/contents.aspx?id=4345
In conclusione, non Le chiedo provvedimenti disciplinari, ma un atto pubblico di responsabilità istituzionale: le scuse ufficiali dell’Amministrazione alla funzionaria coinvolta e un chiaro segnale di incoraggiamento verso chi, con integrità e coraggio, svolge il proprio dovere. Non basta riconoscere l’assenza di rilievi penali: serve affermare con forza che certi comportamenti, pur non sanzionabili penalmente, sono incompatibili con i principi di trasparenza, correttezza e rispetto che devono guidare ogni azione amministrativa. Questo gesto non sarebbe una concessione, ma un dovere morale. In tempi di crisi etica, l’Istituzione ha l’obbligo di dimostrare che sa distinguere tra chi agisce con rettitudine e chi ne mina i valori. Solo così si può restituire fiducia, non solo alla collega, ma a tutti i dipendenti che credono ancora nel senso profondo del servizio pubblico.
Con determinazione e stima. Roma, 14 agosto 2025 Giancarlo Barra