Data  19/06/2022 22:49:41 | Sezione Entrate Entrate

VOCE DELLE VOCI: SIAMO UN POPOLO DI EVASORI O ALLE NOSTRE “ENTRATE” QUALCOSA NON VA?


Voce delle Voci alle Entrate
Voce delle Voci alle Entrate

Con questo titolo il prestigioso periodico, VOCE DELLE VOCI, torna ad interessarsi dell’Entrate, su stimolo di DIRPUBBLICA. Casus belli: la confessione d’impotenza di Ernesto Maria Ruffini a Trento, al festival dell’economia. Leggete http://www.lavocedellevoci.it/2022/06/18/fisco-siamo-un-popolo-di-evasori-o-alle-nostre-entrate-qualcosa-non-va/




18 giugno 2022 di: Redazione

FISCO / SIAMO UN POPOLO DI EVASORI O ALLE NOSTRE “ENTRATE” QUALCOSA NON VA?

Dalla segreteria nazionale del sindacato dei dipendenti pubblici, DIRPUBBLICA, riceviamo e volentieri pubblichiamo un documento elaborato dopo l’intervento del direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, al Festival Internazionale dell’Economia che si è svolto un paio di settimane fa a Trento.

 

 

 

 

 

Al Festival Internazionale dell’Economia di Trento, in occasione della presentazione del suo nuovo libro, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha dichiarato che ci sono, in Italia, circa 19 milioni di persone hanno un debito con il fisco; ovverosia, cartelle esattoriali ‘inevase’ per non aver pagato tasse a vario titolo, o forse per “non aver potuto pagare”?

 

Ci troviamo di fronte a 19 milioni di evasori fiscali?

 

O sono il risultato di un fallimento annunciato?

 

 

Per comprendere i numeri snocciolati dal Direttore Ruffini serve un attimo capire il contesto nazionale in cui oggi ci troviamo. Se è vero che su 59 milioni abitanti stimati alla fine del 2020 gli italiani al lavoro erano 22 milioni e 839 mila; di questi i lavoratori dipendenti circa 17 milioni e 785 mila, mentre 5 milioni e 54 mila sono i lavoratori autonomi. Volendo escludere, per un semplice meccanismo di tassazione alla fonte, i lavoratori dipendenti e volendo escludere, senza criminalizzare nessuno, anche i circa 5 milioni di lavoratori autonomi, rimarrebbero 37 milioni di potenziali cittadini.

 

Se è altrettanto vero che gli “inattivi in età lavorativa”, cioè quelli che sono in grado di lavorare ma non solo non lo fanno ma nemmeno lo cercano, sono stimati in 13 milioni e 759 mila, allora rimerebbero la bellezza di 24 milioni di cittadini di cui l’80% sono quelli, appunto, che hanno debiti con il fisco.

 

Evasori o piuttosto di cittadini che vivono sulle loro spalle il fallimento di certe politiche fiscali oltre ad una evidente crisi economica generalizzata? Questo è ciò che, invece, si domanda oggi il sindacato Dirpubblica.

 

Piuttosto che dipingere gli italiani, semplicisticamente e per opportunità, come evasori, bisogna domandarsi: come mai 19 milioni di cittadini hanno un debito con il Fisco?

 

Se oggi tra banche dati condivise, politiche di compliance, e sempre più stringenti misure di contrasto all’evasione: dalla fatturazione elettronica all’impiego della tanto decantata intelligenza artificiale per arrivare anche all’analisi di benchmark come indicatori di situazioni di sofferenza; sentire dalla bocca del Direttore dell’Agenzia delle Entrate affermazioni del genere: “Hanno fatto i maramaldi per tanti anni, usiamo strumenti che li facciano rientrare in carreggiata. Li abbiamo individuati”, senza che tutto ciò non sia accompagnato da una profonda riflessione, questo al Sindacato Dirpubblica appare quantomeno irrispettoso per tanti che hanno sofferto una crisi che parte da molto lontano.

 

Forse bisognerebbe allargare l’orizzonte di osservazione e chiedersi, come si evince dalle ultime rilevazioni Istat: nel 2021 le famiglie in povertà assoluta in Italia sono il 7,5% (7,7% nel 2020) per un numero di individui, pari a circa 5,6 milioni. Portando quindi i 19 milioni di Ruffini già a 14 milioni, per il solo fatto che naturalmente i nuovi poveri non possono essere annoverati nella stima degli evasori per dolo. Da questi vanno poi tolti tutti coloro che sono in default a causa della fine della moratoria dei finanziamenti concessi dalle banche.

 

A questo storico generalizzato declino legato a squilibri reddituali e patrimoniali del tessuto produttivo del nostro Paese, si potrebbe forse aggiungere un diretto insuccesso di quella parte della classe dirigente messa in taluni posti chiave e poco lungimirante?

 

E’ forse arrivato il momento di decretare il fallimento dei modelli “agenzie” così come voluto da alcuni sindacati, partiti e in alcuni casi pure osteggiato da talune interpretazioni fatte sul noto rapporto Fmi-Ocse del 2015/2016 relativamente alla macchina fiscale italiana?

 

Come dichiarato in tempi non sospetti, all’indomani dei tanti proclami, il Segretario Nazionale del Sindacato Dirpubblica, Giancarlo Barra, ancora una volta, ci aveva visto giusto.

 

Già all’indomani della tanto decantata fusione Agenzie entrate – Equitalia, i dubbi mossi dal sindacato sulla reale portata di un eventuale beneficio, in termini di maggior incasso delle somme dovute oltre che sulla legittimità di questa fusione a freddo, erano ben chiari e più volte espressi dal segretario generale.

 

Quelle necessarie riflessioni che il Sindacato si aspettava dal Direttore dell’Agenzia delle entrate e che sono venute a mancare furono, in realtà, già espressa dal segretario Giancarlo Barra, al Convegno “Fisco & Previdenza, cittadini e non sudditi della contribuzione”, tenutosi a Roma, il 14 dicembre 2014, presso il Centro Congresso GLI ARCHI di Largo Santa Lucia Filippini 20.

 

Si erano, infatti, individuati alcuni punti fondamentali di questo insuccesso:

 

La Pubblica Amministrazione non solo non funziona, ma è essenzialmente “neutrale” nei confronti degli eventi dell’attuale scenario politico e sociale, nazionale e internazionale. Solo la magistratura, con tutti i suoi problemi, resta l’unico baluardo a difesa delle istituzioni; Non esiste reciproco apprezzamento e/o collaborazione fra Fisco e contribuenti. È scattata una trappola dalla quale sembra impossibile uscire: si è configurato, cioè, un livello base di evasione fiscale (che definiamo “evasione necessaria”) utile a mantenere un grado normale di relazioni sociali.

Accanto alla struttura “agenziale” del fisco ed alle sue strategie di accertamento, la situazione, che è sotto gli occhi di tutti, è stata determinata da diversi fattori: un sistema strutturato su budget di produzione quasi si parlasse di un’azienda manifatturiera più che di una Istituzione dello Stato, oltre a norme sulla dirigenza. Esse, in generale, hanno configurato il dirigente pubblico come un soggetto sottomesso, essendo sottomessa la “figura apicale” a diretto contatto con la politica. Nel quadro generale, come in una corona circolare, s’inserisce lo speciale ordinamento autonomo delle agenzie fiscali, le quali, con    i loro regolamenti di Amministrazione, hanno creato e rafforzato nel tempo diverse figure atipiche di dirigente pubblico.

 

Il sindacato Dirpubblica respinge al mittente ogni facile commento sui cittadini debitori, e rimane sempre disponibile ad un confronto diretto per superare un modello “agenziale” che ha mostrato, oramai, tutti i suoi limiti.

 

La segreteria nazionale di Dirpubblica



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